Tanzania: attraversare la Savana e scoprire la vera ricchezza

Basta nominare il Kilimangiaro, il famoso Parco del Serengeti, la regione dei Grandi Laghi o il cratere di Ngorongoro, per essere catapultati nella natura selvaggia della Repubblica di Tanzania, uno stato dell’Africa orientale noto per i suoi paesaggi mozzafiato ma purtroppo anche per l’estrema povertà e le difficili condizioni economiche. Terra di esploratori, uno fra tutti David Livingstone, la Tanzania fu colonia tedesca ed inglese raggiungendo l’indipendenza nel 1961. Successivamente si è unita a Zanzibar come Repubblica federale nel 1964.
Tanzania è un nome evocativo e rimanda alle parole swahili (la lingua ufficiale) tanga “navigare” e nyika ovvero “pianura disabitata”. Oggi ho deciso di raccontarvi la Tanzania con gli occhi di Neema, un’Associazione nata da un gruppo di amici di Montevarchi che ha deciso di intraprendere qualcosa di concreto in Africa.

Neema: un gruppo di amici innamorati della Tanzania

Il nostro impegno in Africa nasce grazie all’amicizia di un gruppo di amici accumunati dalla passione per i viaggi. Nel 2000, ritornando da un viaggio in Tanzania, capimmo di essere stati “chiamati” non tanto per essere dei turisti, ma per mettere noi stessi al servizio degli altri, riscoprendo valori e stili di vita purtroppo scontati e a volte dimenticati nella cultura occidentale. Per fare ciò decidemmo di costituirci in associazione e assecondare l’invito dei nostri “fratelli africani” a chiamarci Neema ovvero “la Grazia del Signore”.

 

 

In quale villaggio ha operato Neema e quali sono stati i principali aiuti apportati alla popolazione locale?

Nel 2000 fummo inviati dall’Arcivescovo di Songea (sud della Tanzania) nel villaggio di Mkongo a 60km dal capoluogo della regione,
chiamato Songea. Questi collegamenti non sono semplici perché avvengono su piste battute nella Savana. Lo scopo di questo viaggio fu la realizzazione di un dispensario ovvero di un semplice presidio sanitario. Da questo progetto capimmo l’esigenza di proseguire con gli aiuti al villaggio e così iniziammo la costruzione del reparto maternità e pediatria, tutt’ora in corso. Negli anni il dispensario è stato da noi arredato, dotato di un laboratorio di analisi e relative attrezzature, di impianto fotovoltaico, di condotta idrica e deposito, di un ecografo. L’uso di quest’ultimo e l’avvio del progetto di pap-test, è stato possibile facendo specializzare a Roma un medico locale. Nella scuola professionale ad indirizzo falegnameria, sartoria, muratura, sono state costruite nuove aule, servizi igienici, alloggio inseganti mensa e cucina oltre ad un mulino per macinare il mais (principale alimentazione per gli studenti) e fornite le attrezzature per i laboratori.
Ci teniamo a precisare che Neema non è un esportatore di progetti. Noi lavoriamo in amicizia e collaborazione con la popolazione locale, concordiamo la fattibilità delle opere e lavoriamo congiuntamente sia per la messa in opera che per la fabbricazione di mattoni per gli edifici.

 

 

In Neema coesiste uno spirito cattolico ma anche una vocazione missionaria “laica”. Cosa muove (secondo voi) chi decide di affrontare questo viaggio?

L’Associazione è aperta a tutti nel rispetto del proprio regolamento. Il primo impulso che fa avvicinare le persone è la curiosità. Con il tempo essa si trasforma nella condivisione e nella consapevolezza che camminare insieme permette di dare ma soprattutto di ricevere. Ciò che ognuno racconta tornando dal viaggio in Tanzania è “l’incontro con qualcuno” che non potrà mai dimenticare. Ed è questo che fa del viaggio la missione.

Dopo un anno di pandemia che impatto ha avuto il coronavirus nei villaggi?

Purtroppo è stato un duro colpo per l’attività della nostra Associazione. Per ovvie ragioni non abbiamo potuto intraprendere viaggi e anche le raccolte fondi si sono bloccate. Sono comunque frequenti i contatti telefonici con i nostri referenti che ci tengono aggiornati sui progetti e la vita nei villaggi. Sappiamo che nell’ultimo anno sono incrementati i decessi ma purtroppo sono aree in cui non si fanno tamponi Covid e non ci sono ospedali dotati di terapia intensiva quindi è molto difficile affrontare la pandemia per queste persone.

 

Una cosa che vi ha colpito della Tanzania: umanamente e del paesaggio

Sicuramente ci hanno colpito i cieli stellati e gli orizzonti infiniti che lasciano letteralmente senza parole. Della popolazione locale ci ha colpito la loro generosità. La porta è sempre aperta per l’ospite che arriva inatteso. Il cibo anche se è scarso, è offerto con generosità privandosene talvolta personalmente.

Tanzania: un motivo per andare e uno per ritornare

Indubbiamente colpisce la Savana e i suoi animali, i maestosi baobab, il popolo dei Masai con le loro intricate acconciature, ma quando ritorni a casa senti che questo contatto non basta. E allora qualcosa spinge a tornare per rivedere la gente sempre sorridente, i bambini che ti abbracciano, gli anziani che ti prendono per mano come per dirti “grazie Fratello”.

Potete sostenere Neema devolvendo il vostro 5%1000 all’Associazione e indicando nel modulo della dichiarazione dei redditi il codice fiscale: 90019760512

Per conoscere i progetti di Neema e restare costantemente aggiornati consultate il sito: www.ioeneema.org

 

 

 

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2 Commenti

  1. Patrizia Amodio

    Grazie Lara di aver pensato a Neema
    E un bellissimo articolo ed un mezzo per farci conoscere.

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    • laraadmin

      Grazie a voi e al lavoro prezioso che fate. I viaggi più belli sono quelli in cui abbiamo la fortuna di tornare arricchiti mettendo al servizio noi stessi e imparando dagli altri.

      Rispondi

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