LE PRESENZE DI MASSALTO O MANSALTO IN MUGELLO

LE PRESENZE DI MASSALTO O MANSALTO IN MUGELLO

LE PRESENZE DI MASSALTO O MANSALTO IN MUGELLO

Dove: Borgo San Lorenzo, partenza da Prato all’Albero
Clima: Inverni freddi, Primavere miti ed estati calde e afose a seconda dell’altitudine
Mezzo di Trasporto: macchina e gambe A chi piace: sportivi, storici, fotografi, botanici, cercatori del sole, stilisti per i colori che la Primavera può offrire.

Alla ricerca dei nostri avi

Travolti da un’esplosione di colori e dall’intenso profumo di Ginestra, la Primavera in Mugello non manca di stupire.
A Capanna Marcone in provincia di Borgo San Lorenzo, sull’Appennino Tosco-romagnolo, siamo a oltre 1000 m e l’aria fresca delle mattine di Primavera, unita al sole che scalda ma non disturba, porta con sè quel sentimento di rinascita e riapertura alla vita che ogni anno fa piacere sentire.
Dal rifugio Capanna Marcone possiamo arrivare in un paio d’ore di sano ma rilassante trekking attraversando boschi di faggi e abeti, ad un paese “fantasma” chiamato Mansalto o Massalto, i cui ruderi testimoniano un passato “glorioso” citato nei diari di guerra inglesi.
Io adoro il trekking anche senza meta, perché rilassa e unisce la passione per le camminate a quella dei paesaggi godibili in tutta tranquillità.
Niente è più appagante del cielo terso di una mattina di Primavera, la mente libera, lo zaino in spalla, il verde e i prati fioriti che rigenerano lo sguardo. Nessun manuale potrà mai insegnarti a stare bene come immergersi in un bosco. Credo che l’uomo abbia un legame speciale con l’ambiente che lo circonda e i 4 elementi naturali.

Mansalto o Massalto: ruderi di un passato glorioso

Come potrete leggere nella bacheca lungo il percorso, Mansalto si chiama così dalla presenza di massi di arenaria in prossimità del crinale. Oggi è costituito da una serie di ruderi avvolti da una fitta vegetazione ma non è sempre stato così. Il bello dei paesi abbandonati è immaginarci le persone all’interno delle case ora diroccate, i sentieri ben tenuti, gli animali nei cortili, i campi lavorati, persino le voci e i passi delle persone che fino al “fatidico giorno”, hanno animato quella parte di bosco come se la vita in quei luoghi non dovesse finire mai.
Quando arriverete a Mansalto lasciando la strada sterrata e scendendo per uno stretto sentiero, vi domanderete come mai qualcuno decise di costruire quelle case al centro di una intricata vegetazione. In realtà secondo le testimonianze che ci sono pervenute, i campi erano puliti e usati per il pascolo e si potevano intravedere addirittura le abitazioni del fondo valle. Proseguendo lungo il sentiero oltre i ruderi, sono ancora presenti dei tabernacoli ex-voto, segno che queste strade erano battute e vie di comunicazione tra due insediamenti monastici: Razzuolo e Moscheta a Grezzano e Pulicciano.

Indicazioni pratiche per arrivare a Mansalto: itinerario ad anello

Prato all’Albero – Capanna Marcone – Valdiccioli – Massalto – Capanna Marcone – Prato all’Albero
Tempo di percorrenza: 3 ore in tranquillità, strada agevole, sentiero facile

Da Prato all’Albero, dove è possibile lasciare la macchina, percorrendo il sentiero 00 arriverete in pochi minuti al rifugio “Capanna Marcone” attrezzato con tavolini per pic-nic all’aperto.
Il sentiero prosegue a sinistra in direzione Valdiccioli, dove potrete ammirare i meravigliosi scorci della campagna mugellana.
Arrivati a Valdiccioli troverete una fontana con acqua potabile.
Dove c’è il cartello con le indicazioni si gira a dx arrivando ad una zona aperta a prato dove è necessario stare attenti e imboccare la strada di sopra senza scendere. La strada segnata inizia un percorso all’interno del bosco e attraversa più volte il torrente Farfareta. Successivamente giungeremo ad un segnale fatto a squadra. Qui il sentiero scende a sinistra anche se c’è n’è un altro segnato in alto a dx. Per andare a Mansalto scendere a sinistra seguendo la strada che non è più segnata ma ben visibile e camminare per circa 15- 20 minuti. Dopo poco che avrete lasciato la strada carrabile, troverete un viottolino segnato a sin in discesa che riporta a Valdiccioli. Voi proseguite fino a quando non troverete i ruderi di Mansalto. Se volete completare l’anello e tornare a Capanna Marcone dovrete tornare indietro sulla strada carrabile, girare a dx e farla tutta fino a rintracciare il sentiero del crinale 00 una strada bella e molto ampia, indicazione Colla.

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Tanzania: attraversare la Savana e scoprire la vera ricchezza

Tanzania: attraversare la Savana e scoprire la vera ricchezza

Tanzania: attraversare la Savana e scoprire la vera ricchezza

Basta nominare il Kilimangiaro, il famoso Parco del Serengeti, la regione dei Grandi Laghi o il cratere di Ngorongoro, per essere catapultati nella natura selvaggia della Repubblica di Tanzania, uno stato dell’Africa orientale noto per i suoi paesaggi mozzafiato ma purtroppo anche per l’estrema povertà e le difficili condizioni economiche. Terra di esploratori, uno fra tutti David Livingstone, la Tanzania fu colonia tedesca ed inglese raggiungendo l’indipendenza nel 1961. Successivamente si è unita a Zanzibar come Repubblica federale nel 1964.
Tanzania è un nome evocativo e rimanda alle parole swahili (la lingua ufficiale) tanga “navigare” e nyika ovvero “pianura disabitata”. Oggi ho deciso di raccontarvi la Tanzania con gli occhi di Neema, un’Associazione nata da un gruppo di amici di Montevarchi che ha deciso di intraprendere qualcosa di concreto in Africa.

Neema: un gruppo di amici innamorati della Tanzania

Il nostro impegno in Africa nasce grazie all’amicizia di un gruppo di amici accumunati dalla passione per i viaggi. Nel 2000, ritornando da un viaggio in Tanzania, capimmo di essere stati “chiamati” non tanto per essere dei turisti, ma per mettere noi stessi al servizio degli altri, riscoprendo valori e stili di vita purtroppo scontati e a volte dimenticati nella cultura occidentale. Per fare ciò decidemmo di costituirci in associazione e assecondare l’invito dei nostri “fratelli africani” a chiamarci Neema ovvero “la Grazia del Signore”.

 

 

In quale villaggio ha operato Neema e quali sono stati i principali aiuti apportati alla popolazione locale?

Nel 2000 fummo inviati dall’Arcivescovo di Songea (sud della Tanzania) nel villaggio di Mkongo a 60km dal capoluogo della regione,
chiamato Songea. Questi collegamenti non sono semplici perché avvengono su piste battute nella Savana. Lo scopo di questo viaggio fu la realizzazione di un dispensario ovvero di un semplice presidio sanitario. Da questo progetto capimmo l’esigenza di proseguire con gli aiuti al villaggio e così iniziammo la costruzione del reparto maternità e pediatria, tutt’ora in corso. Negli anni il dispensario è stato da noi arredato, dotato di un laboratorio di analisi e relative attrezzature, di impianto fotovoltaico, di condotta idrica e deposito, di un ecografo. L’uso di quest’ultimo e l’avvio del progetto di pap-test, è stato possibile facendo specializzare a Roma un medico locale. Nella scuola professionale ad indirizzo falegnameria, sartoria, muratura, sono state costruite nuove aule, servizi igienici, alloggio inseganti mensa e cucina oltre ad un mulino per macinare il mais (principale alimentazione per gli studenti) e fornite le attrezzature per i laboratori.
Ci teniamo a precisare che Neema non è un esportatore di progetti. Noi lavoriamo in amicizia e collaborazione con la popolazione locale, concordiamo la fattibilità delle opere e lavoriamo congiuntamente sia per la messa in opera che per la fabbricazione di mattoni per gli edifici.

 

 

In Neema coesiste uno spirito cattolico ma anche una vocazione missionaria “laica”. Cosa muove (secondo voi) chi decide di affrontare questo viaggio?

L’Associazione è aperta a tutti nel rispetto del proprio regolamento. Il primo impulso che fa avvicinare le persone è la curiosità. Con il tempo essa si trasforma nella condivisione e nella consapevolezza che camminare insieme permette di dare ma soprattutto di ricevere. Ciò che ognuno racconta tornando dal viaggio in Tanzania è “l’incontro con qualcuno” che non potrà mai dimenticare. Ed è questo che fa del viaggio la missione.

Dopo un anno di pandemia che impatto ha avuto il coronavirus nei villaggi?

Purtroppo è stato un duro colpo per l’attività della nostra Associazione. Per ovvie ragioni non abbiamo potuto intraprendere viaggi e anche le raccolte fondi si sono bloccate. Sono comunque frequenti i contatti telefonici con i nostri referenti che ci tengono aggiornati sui progetti e la vita nei villaggi. Sappiamo che nell’ultimo anno sono incrementati i decessi ma purtroppo sono aree in cui non si fanno tamponi Covid e non ci sono ospedali dotati di terapia intensiva quindi è molto difficile affrontare la pandemia per queste persone.

 

Una cosa che vi ha colpito della Tanzania: umanamente e del paesaggio

Sicuramente ci hanno colpito i cieli stellati e gli orizzonti infiniti che lasciano letteralmente senza parole. Della popolazione locale ci ha colpito la loro generosità. La porta è sempre aperta per l’ospite che arriva inatteso. Il cibo anche se è scarso, è offerto con generosità privandosene talvolta personalmente.

Tanzania: un motivo per andare e uno per ritornare

Indubbiamente colpisce la Savana e i suoi animali, i maestosi baobab, il popolo dei Masai con le loro intricate acconciature, ma quando ritorni a casa senti che questo contatto non basta. E allora qualcosa spinge a tornare per rivedere la gente sempre sorridente, i bambini che ti abbracciano, gli anziani che ti prendono per mano come per dirti “grazie Fratello”.

Potete sostenere Neema devolvendo il vostro 5%1000 all’Associazione e indicando nel modulo della dichiarazione dei redditi il codice fiscale: 90019760512

Per conoscere i progetti di Neema e restare costantemente aggiornati consultate il sito: www.ioeneema.org

 

 

 

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ROBIN SHARMA-IL MONACO CHE VENDETTE LA SUA FERRARI

ROBIN SHARMA-IL MONACO CHE VENDETTE LA SUA FERRARI

ROBIN SHARMA-IL MONACO CHE VENDETTE LA SUA FERRARI

Autore: Robin Sharma
Titolo: Il Monaco che vendette la sua Ferrari
Editore: Gruppo Editoriale TEA Edizione: Prima edizione 2000

Robin Sharma è un avvocato americano noto a livello internazionale per i suoi Seminari e Convegni su Strategie di leadership e sviluppo personale. Il volume ha all’attivo oltre 100.000 copie vendute in Italia.

Stravolgere la vita per essere felici

Possono delle filosofie orientali fondersi in una coinvolgente storia contemporanea e trasformarsi in un manuale dai consigli pratici per stravolgere la vita in meglio?
Si se a farlo è R. Sharma, esperto di leadership di fama internazionale che ho intercettato (tramite i sui libri si intende!) nel periodo in cui ho iniziato a puntare le lancette della mia sveglia alle 5 di mattina e a trarne nel tempo immensi benefici. “Il Monaco che vendette la sua Ferrari” ha una trama da favola di altri tempi con un significato profondo e travolgente, tanto che se ci impegnassimo a mettere in pratica gli insegnamenti proposti, la realtà potrebbe non essere più la stessa.

La vita ricca e letale di un avvocato di successo

Julian Mantle, celebre avvocato americano di successo, ha tutto: soldi, potere, una meravigliosa famiglia e guida una Ferrari come suggello della propria vita extra-lusso. Lavoratore infaticabile ha in mente solo lei: la carriera. Un giorno però si accascia a terra privo di sensi colto di sorpresa da un terribile infarto e improvvisamente quella vita ricca e famosa gli si ritorce contro, portandolo sulla strada del non ritorno. L’amico John così parla di lui :

“Non era soltanto per lo stress che si rischiava di morire anzitempo. Ebbi la sensazione che il problema fosse ancora più grave, che riguardasse il suo spirito”.

Julian Mantle miracolosamente ripresosi dall’infarto decide di lasciare quella vita che lo aveva trascinato sull’orlo dell’abisso, ritirandosi per un periodo di tempo in luoghi esotici e lontani. A coronamento di questa decisione vende anche la Ferrari, simbolo di lusso ma purtroppo per lui, anche di rovina.

La metamorfosi dell’anima

Quando Julian Mantle ritorna dall’amico John, quest’ultimo quasi non lo riconosce: ringiovanito e visibilmente cambiato, Julian è anche mentalmente un’altra persona. L’arricchimento sfrenato, il potere, la carriera sopra ogni altra cosa, hanno lasciato il posto ad una vita diversa, più consapevole dove al centro sta la persona, non l’effimera rincorsa di un dorato status sociale.
Julian, decide di fare un grande regalo all’amico John e condividere con lui il segreto del proprio cambiamento partendo dal suo lungo viaggio in Oriente e dall’incontro ai piedi dell’Himalaya della comunità dei Saggi di Sivana.

“Più si inoltrava in territorio indiano, più sentiva parlare di monaci che vivevano oltre 100 anni (…). Più viaggiava, più gli descrivevano yogin senza età che conoscevano l’arte del dominio della mente e del risveglio spirituale”.

Julian racconterà a John di come sia possibile vivere una vita più profonda, consapevole e realizzata, e di come tutto questo si possa concretizzare grazie ad un nuovo approccio alla vita, un atteggiamento che ognuno di noi può imparare, anche attraverso pratici esercizi.
Julian racconta all’amico John in maniera semplice e intuitiva come educare la mente a ragionare verso i propri desideri, come disciplinarla per gestire il tempo e finalmente giungere ad un rinnovamento psico-fisico.

“Se curi la mente, se la nutri e la coltivi come un giardino fertile e ricco, vedrai che fiorirà più di quanto non ti immagini. Ma se lascerai attecchire le erbacce, non riuscirai mai a raggiungere quel senso di pace e di profonda armonia interiore che vai cercando”.

Un affascinante viaggio dentro la mente umana, le sue debolezze, le frustrazioni e infine la consapevolezza e la rinascita.

Consigliato a chi: sta cercando qualcosa, a chi vuole stravolgere la propria vita, ai formatori e in generale a chi insegna come gestire il tempo, la propria vita, gli obiettivi di lavoro. A chi ama mettere al primo posto l’essere e non l’avere.

 

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Una “Ferita” a Palazzo Strozzi: JR e l’opera che dialoga con le speranze del mondo

Una “Ferita” a Palazzo Strozzi: JR e l’opera che dialoga con le speranze del mondo

Una “Ferita” a Palazzo Strozzi: JR e l’opera che dialoga con le speranze del mondo

JR e l’opera che dialoga con le speranze del mondo

Camminavo come ormai da mesi lungo le strade principali del centro storico di Firenze come se la bellezza di questa città e i suoi monumenti potessero curare il profondo malessere che la pandemia ha portato dentro di noi e le nostre vite. Alzare lo sguardo e vedere ancora il cielo terso e cristallino che fa da sfondo a palazzi storici ed elementi architettonici di eterna bellezza è un po’ come curare l’anima e dire a se stessi che anche le cose più brutte prima o poi avranno una fine.
Quasi all’altezza di Palazzo Strozzi ho visto un ragazzo seduto per terra che stava fotografando qualcosa. Ho pensato a qualche personaggio pubblico che stava transitando da quelle parti. Poi mi sono girata e la completa meraviglia e la consapevolezza di stare guardando qualcosa di inedito ha preso il sopravvento sui miei pensieri. Palazzo Strozzi non è nuovo in fatto di installazioni, opere monumentali che fanno riflettere sulle grandi tematiche internazionali. Dai gommoni dell’artista Weiwei, o l’interazione tra piante ed esseri umani con i due maxi scivoli dell’opera “The Florence Experiment” di Holler e Mancuso, Palazzo Strozzi dialoga costantemente con l’arte e fa discutere, che è a mio avviso la cartina tornasole di un’opera ben riuscita.
Ho visto “La Ferita”, e ho immediatamente apprezzato lo squarcio anche se non avevo ancora focalizzato la straordinaria potenza dell’Anamorfismo, ovvero l’illusione ottica che prende vita da un preciso punto di vista. Poi tutto si è fatto più chiaro, e dai bugnati squarciati, lo sguardo è entrato in un luogo a me caro ma ormai da mesi off-limits a causa della pandemia.

JR in pillole

JR è un artista internazionale ma non chiamatelo “street artist” perché potrebbe offendersi visto che non ama essere etichettato ma ama parlare alla gente con la sua arte, interagire, far riflettere.
JR nasce nel 1983 e muove i primi passi nella banlieue parigina di Clichy-Montfermeil. La tecnica che lo ha reso famoso è il collage fotografico e i volti delle persone la sua attrazione più grande.
Nel 2008 inizia un progetto internazionale che parte dalla favela del Morro da Providencia a Rio de Janerio, rivestendo i muri esterni degli edifici con foto che immortalano sguardi di donne. Il progetto diventerà internazionale.
Nel 2010 JR vince il premio TED con cui ha lanciato “Inside Out”, un progetto d’arte partecipativa in cui chiunque e in maniera del tutto gratuita può condividere il proprio ritratto per raccontare storie (www.insideoutproject.net/en).
JR si trova da sempre impegnato a mettere in evidenza le grandi tematiche sociali cercando un confronto dinamico con le persone.

La “Ferita”: un momento di passaggio tra dolore e speranza

La Ferita”, come suggerisce il titolo dell’opera, è un collage fotografico in bianco e nero di dimensioni monumentali 28x33m. Di primo acchito sembra semplicemente una gigantografia poi il perfetto punto di vista svela l’immagine in un attimo, e si intravedono i colonnati del cortile interno di Palazzo Strozzi, la Biblioteca dell’Istituto Nazione di Studi del Rinascimento e un’immaginaria sala espositiva, tutto come se i bugnati esterni fossero stati divelti da qualcosa di sovrumano e noi potessimo sbirciare all’interno.
Se ci pensiamo bene, “La Ferita”, è un parallelo perfetto con il periodo che stiamo vivendo, che ci trova sognanti e desiderosi di vedere aldilà del nostro presente, scossi da una ferita lacerante che ci ha segnato in maniera indelebile.
JR propone “ La Ferita” ad un pubblico della strada che non necessariamente sta andando dentro ad un museo a vedere un’opera d’arte. Magari qualcuno che sta camminando per andare al lavoro, che ha appena perso una persona cara a causa del Covid, che sta cercando una novità positiva in un momento in cui tutto sembra un terribile fermo immagine.
Come afferma JR nell’interessante conferenza stampa a Palazzo Strozzi, “La Ferita” è un’opera che resterà solo per qualche mese ma la ferita interiore che ha generato la pandemia sarà qualcosa che rimarrà a lungo dentro di noi, ognuno con il proprio personale punto di vista. Non solo dolore però ma anche speranza per una ferita dolorosa che si dovrà rimarginare e ci riporterà dentro a quegli spazi collettivi che ora sono vuoti e che domani si ripopoleranno fortunatamente di vita e speranza ricordandoci che nonostante tutto niente resta per sempre uguale.

Per approfondimenti:
Pagina FB Palazzo Strozzi
www.palazzostrozzi.org
www.insideoutproject.net/en
JR Website: www.jr-art.net

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Un Safari in Sudafrica per salutare il sole nascente

Un Safari in Sudafrica per salutare il sole nascente

Un Safari in Sudafrica per salutare il sole nascente

Dove: Sudafrica
Clima: Estate lunga e asciutta, Inverno freddo e piovoso (stagioni invertite rispetto all’Italia)
Mezzo di Trasporto: jeep A chi piace: agli esploratori, agli amanti della natura, agli spiriti liberi

 

Un Safari in Sudafrica per salutare il sole nascente

Alle 4 suona la sveglia. La notte è nera come la pece, l’aria è fresca e intorno a noi è tutto un fruscio. Non possiamo muoverci autonomamente ma l’idea che a pochi passi dai bungalows un elefante si stia placidamente abbeverando è già un’idea ad alto impatto emozionale. Siamo nel Parco Nazionale del Kruger, una delle più grandi riserve naturali del Sudafrica, che confina ad est con il Mozambico e lo Swaziland e a nord con lo Zimbabwe. Come scriveva V. Hugo:

“L’Alba ha una misteriosa grandezza che si compone di un residuo di sogno e di un principio di pensiero”

e affrontare l’alba seduti su una jeep sperduti nel Kruger tra terra rossa e i primi bagliori del sole nascente è proprio come sognare. E’ gennaio, qui è estate e ci siamo alzati così presto perché forse sarà possibile vedere il leone abbeverarsi o forse un leopardo dall’udito eccezionale che torna dalla caccia notturna. Un Safari nel Kruger permette un contatto estremamente ravvicinato con specie animali molto pericolose per l’uomo, ma se lasciamo che le ore scorrano placide senza fretta, finalmente ci ritroveremo sperduti in un mondo fantastico.

The Big five

Il Parco Kruger è dominato da una ricca boscaglia di Acacie e Sicomori, ma anche dalla Savana a prevalenza erbosa con alberi molto distanziati tra loro. In questo Paradiso dominato dalla Natura e dai suoi abitanti, sarà possibile con un po’ di fortuna e qualche giorno da spendere incontrare i magnifici “Big 5” ovvero: l’elefante, il leone, il leopardo, il rinoceronte e il Bufalo”, trofei tristemente ambiti quando purtroppo i Safari erano solo sinonimo di caccia grossa. Oggi nel Parco Kruger l’unico “game” ammesso è l’avvistamento dei magnifici 5 ed il fatto che siano liberi di spostarsi e che l’uomo almeno per una volta sia “la specie indesiderata” rende la ricerca ancora più emozionante. In questa “pièce teatrale” che va in scena ogni giorno grazie ai bioritmi della Natura, sarà sorprendente essere accolti da: sua altezza la giraffa che farà finta di non vedervi mentre si ciba delle foglie più alte con il suo maestoso collo, sentirete probabilmente trotterellare un branco di zebre dal manto rigato e vi struggerete incrociando il dolce sguardo dei cudù, un’antilope dalla carne dolce e saporita che purtroppo sta bene sulla tavola del leone quanto su quella delle persone.

Come “gustare” i Big 5 in tutta sicurezza

Il Parco Kruger offre infinite possibilità per tutte le tasche dal momento che qui sarà possibile fare tours di una sola giornata, anche in autonomia seguendo le strade asfaltate ma senza scendere dalla propria auto tranne che nelle aree attrezzate, pernottare in dei campeggi, bungalow con angolo cucina o lussuosissimi lodge, il tutto completamente immerso nella Natura. Sicuramente per fare un’escursione “wild” e lasciare le strade ufficiali, la cosa migliore sarà affidarsi ad un Ranger e alla sua jeep. Io ho avuto il privilegio di stare a distanza molto ravvicinata con un ghepardo che aveva appena mangiato la sua preda, un’esperienza davvero unica.
Gennaio è un mese ideale per far questa esperienza, le temperature sono calde anche se scendono un po’ nelle ore notturne.

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VARANASI: LA CITTA’ SACRA PER GIUNGERE A DIO

VARANASI: LA CITTA’ SACRA PER GIUNGERE A DIO

VARANASI: LA CITTA’ SACRA PER GIUNGERE A DIO

Dove: India-Uttar Pradesh
Clima: caldo tutto l’anno con temperature più alte nei mesi estivi
Mezzo di Trasporto: aereo, jeep e gambe
A chi piace: a chi insegue l’eternità, a chi vuole immergersi in un’altra cultura, agli altruisti, a chi cerca se stesso

E’ sera a Varanasi e il crepuscolo avvolge le dense e placide acque del fiume Gange cullando la barca di legno che presto mi condurrà ai riti religiosi della sera.
I “Ganga Aarti”, o riti religiosi indù, rifioriscono imperturbabili ogni giorno dell’anno, struggenti, evocativi fanno sentire chiunque parte di quel “tutto” che spesso manca a noi occidentali. Sono ordinatamente preparati sui Ghat, gli scaloni che portano alle acque del sacro fiume Gange e chi vi assiste ne resta estasiato.
Prepararsi a questo spettacolo non è semplice e spesso si giunge impreparati a questa meraviglia a tratti sconvolgente.
Chi vede il fiume Gange o Ganga per la prima volta ne resta affascinato: immenso, placido, denso, di notte tutt’uno con l’oscurità. Lungo più di 2000 km, nasce dai ghiacciai dell’Himalaya e sfocia nel Golfo del Bengala. Esso stesso nella religione Indù è venerato e per questa sua sacralità è ritenuto la porta di accesso preferenziale per l’aldilà.

 

Come fare “karma positivo” a Varanasi

Varanasi o Benares (come era stata ribattezzata durante la dominazione inglese), è la città sacra dell’India per eccellenza.
Si crede infatti che chi ha la “fortuna di morire” a Varanasi, essere cremato e disperso nel fiume sacro Gange, sia più vicino a Dio. Non solo: anche bagnarsi una volta nella vita nel fiume Gange, permette di purificare la propria anima, fare “karma positivo” ovvero espiare le proprie azioni negative e preparare la propria anima per il viaggio che aspetta tutti i credenti dopo la vita.
Per noi occidentali appare tutto molto strano vedere come nelle stesse acque siano effettuate le cremazioni funerarie, le persone si facciano il bagno, e l’acqua venga bevuta e venerata come una Dea, ma è proprio tutto questo a rendere il viaggio a Varanasi ancor più emozionante e ricco di significato. Non è possibile partecipare alle cerimonie religiose sulle sponde del sacro fiume, senza tenere presente la forte spiritualità che permea le sue acque e la città di Varanasi.

Namastè: saluto il Dio che è dentro te

Per gli induisti tutto è sacro: le acque dei fiumi sono sacre, le montagne sono sacre, gli esseri umani sono sacri in quanto ritenuti con i loro corpi dei templi in cui alberga la divinità. Lo stesso saluto indiano “Namastè” significa: saluto il dio che è dentro di te. E’ naturale così per gli induisti cercare di volgere il proprio karma (ovvero la somma delle proprie azioni) verso il bene e il rispetto di tutto ciò che li circonda.
Varanasi è un viaggio metaforico dentro noi stessi, qui ma in generale in India c’è tutta l’umanità, le sue miserie ma anche le sue grandezze, i suoi limiti ma anche la profondità dell’animo umano che cerca di dare un senso a ciò che incontra. Ancora oggi mi porto dentro un’ esperienza che mi ha cambiato la vita, mi ha portato a comprendere tanto dell’altro, il valore dell’accoglienza quando non si ha nulla, la bellezza di uno sguardo che regala pace.
Se oggi qualcuno mi chiedesse un consiglio prima di visitare Varanasi gli direi: entra in questo mondo con la mente libera perché poco o nulla del nostro “bagaglio da occidentali” ci aiuterà a comprendere Varanasi e le sacre acque del suo fiume.

Un ringraziamento perticolare a: Andrea, Raj Bahadur Singh Sawrad, Chiara, Martina, Mirna, Linda, “Marlon Brando” e il medico legale che mi ha salvato letteralmente vita. Senza di loro il mio viaggio in India non sarebbe stato lo stesso.

Fonti: karma brevi approfondimenti su i concetti chiave della religione induista: unione induista italiana www.induismo.it
Breve compendio per una rapida introduzione all’induismo: Vasudha Narayanan “Capire l’induismo”.

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