Un giorno alla partenza per la Slovenia

Un giorno alla partenza per la Slovenia

Un giorno alla partenza per la Slovenia

Una valigia da preparare anche solo per una notte
Mercoledì 29 dicembre H15,00

Ormai è fatta! Forse… il mio tampone rapido è negativo, quello di uno dei miei familiari anche credo che a questo punto tra pochissimi secondi spengerò il cellulare fino a quando non ho oltrepassato il confine per non avere brutte notizie…

Mi sento quasi in colpa ad andare. Può sembrare una sensazione paradossale ma in tempo di pandemia quando i telegiornali raccontano una storia che non avresti mai voluto ascoltare, quando in fondo il tuo voler partire a tutti i costi potrebbe sembrare quasi una frivolezza e il buonsenso ti suggerisce che potresti evitare, non lasci l’Italia proprio a cuor leggero. Penso a tutte le frecce che sono al mio arco: la mia doppia vaccinazione, la mia prudenza, l’itinerario organizzato a completo contatto con la Natura e scenari innevati bellissimi, l’assicurazione sanitaria, gli amici che verranno insieme a me e ad Andrea che in fatto di prudenza sono le nostre fotocopie.

Tutto questo mi da morale ed energia per partire. Come ho già scritto, per me il viaggio è tutto nella vita. Non importa i km, basta una valigia da preparare e la consapevolezza di non rientrare la notte. E poi in fondo la mia mente ha bisogno di vedere cosa c’è oltre ad una notizia, sento l’urgenza di vedere questo mondo così cambiato, così diversamente raccontato, perché le chiusure, le distanze, la frammentazione delle relazioni seppur necessarie hanno generato anche tanta diffidenza verso l’altro e in generale verso ciò che ancora non conosciamo. Fino a quando sarà necessario mi adeguerò a tutte le misure per contenere questa terribile pandemia ma non voglio disabituare la mia mente al fatto che è l’interconnessione che ci rende plastici e migliori e la nostra casa seppur carina ed accogliente è solo il punto di partenza per esplorare ciò che si trova intorno a noi. Partiamo!

 

 

 

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Due giorni alla partenza per la Slovenia

Due giorni alla partenza per la Slovenia

Due giorni alla partenza per la Slovenia

Siamo tutti positivi
Martedì 28 dicembre 2021 h17,16

Meno 2 alla partenza.

Mi guardo intorno e mi sembra che tutti siano positivi, potenzialmente positivi, in attesa di una risposta che sarà sicuramente positiva e pure io tra 45 minuti farò un tampone rapido sperando sia negativo. Tutto questo mi fa sentire dentro un romanzo di Palahniuk ma devo partire. Il 30 dicembre è vicino. Devo farcela per confermare a me stessa che c’è qualcosa di “normale” oltre alla pandemia. Che con le dovute accortezze come ho sempre fatto fino ad oggi, tutto è possibile.

Quindi ho già preparato qualcosa da mettere in valigia: la borsetta delle medicine con tachipirine à gogo e magari un termometro per una eventuale febbre. Proiettiamoci verso il domani ma non esageriamo con l’ottimismo! E’ tutto così surreale eppure è la nostra quotidianità, dobbiamo conviverci e dovremo conviverci.

Come dicevano tutti quei maestri zen che sono sempre comodamente seduti sul mio comodino? Prima di tutto la paura si crea nella nostra testa poi altrove. Ho visto in questi giorni le file interminabili davanti alle farmacie a fare tamponi. Una mamma con un sorriso amaro mi ha detto: mia figlia ieri era ad un compleanno, sono positivi in sei. Ho pensato immediatamente: quindi anche lei signora e suo figlia potreste essere potenzialmente positive…e non è stato un bel pensiero. Dopo il tampone andrò verso il futuro, ovvero al supermercato a comprare tutto ciò che di delattosato e senza glutine possa esistere, per me e per Andrea. Una coppia ben assortita ma fortunatamente le aziende l’hanno capito: fare lo stesso prodotto senza glutine e senza lattosio fa risparmiare soldi e fatica!

 

 

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Tanzania: attraversare la Savana e scoprire la vera ricchezza

Tanzania: attraversare la Savana e scoprire la vera ricchezza

Tanzania: attraversare la Savana e scoprire la vera ricchezza

Basta nominare il Kilimangiaro, il famoso Parco del Serengeti, la regione dei Grandi Laghi o il cratere di Ngorongoro, per essere catapultati nella natura selvaggia della Repubblica di Tanzania, uno stato dell’Africa orientale noto per i suoi paesaggi mozzafiato ma purtroppo anche per l’estrema povertà e le difficili condizioni economiche. Terra di esploratori, uno fra tutti David Livingstone, la Tanzania fu colonia tedesca ed inglese raggiungendo l’indipendenza nel 1961. Successivamente si è unita a Zanzibar come Repubblica federale nel 1964.
Tanzania è un nome evocativo e rimanda alle parole swahili (la lingua ufficiale) tanga “navigare” e nyika ovvero “pianura disabitata”. Oggi ho deciso di raccontarvi la Tanzania con gli occhi di Neema, un’Associazione nata da un gruppo di amici di Montevarchi che ha deciso di intraprendere qualcosa di concreto in Africa.

Neema: un gruppo di amici innamorati della Tanzania

Il nostro impegno in Africa nasce grazie all’amicizia di un gruppo di amici accumunati dalla passione per i viaggi. Nel 2000, ritornando da un viaggio in Tanzania, capimmo di essere stati “chiamati” non tanto per essere dei turisti, ma per mettere noi stessi al servizio degli altri, riscoprendo valori e stili di vita purtroppo scontati e a volte dimenticati nella cultura occidentale. Per fare ciò decidemmo di costituirci in associazione e assecondare l’invito dei nostri “fratelli africani” a chiamarci Neema ovvero “la Grazia del Signore”.

 

 

In quale villaggio ha operato Neema e quali sono stati i principali aiuti apportati alla popolazione locale?

Nel 2000 fummo inviati dall’Arcivescovo di Songea (sud della Tanzania) nel villaggio di Mkongo a 60km dal capoluogo della regione,
chiamato Songea. Questi collegamenti non sono semplici perché avvengono su piste battute nella Savana. Lo scopo di questo viaggio fu la realizzazione di un dispensario ovvero di un semplice presidio sanitario. Da questo progetto capimmo l’esigenza di proseguire con gli aiuti al villaggio e così iniziammo la costruzione del reparto maternità e pediatria, tutt’ora in corso. Negli anni il dispensario è stato da noi arredato, dotato di un laboratorio di analisi e relative attrezzature, di impianto fotovoltaico, di condotta idrica e deposito, di un ecografo. L’uso di quest’ultimo e l’avvio del progetto di pap-test, è stato possibile facendo specializzare a Roma un medico locale. Nella scuola professionale ad indirizzo falegnameria, sartoria, muratura, sono state costruite nuove aule, servizi igienici, alloggio inseganti mensa e cucina oltre ad un mulino per macinare il mais (principale alimentazione per gli studenti) e fornite le attrezzature per i laboratori.
Ci teniamo a precisare che Neema non è un esportatore di progetti. Noi lavoriamo in amicizia e collaborazione con la popolazione locale, concordiamo la fattibilità delle opere e lavoriamo congiuntamente sia per la messa in opera che per la fabbricazione di mattoni per gli edifici.

 

 

In Neema coesiste uno spirito cattolico ma anche una vocazione missionaria “laica”. Cosa muove (secondo voi) chi decide di affrontare questo viaggio?

L’Associazione è aperta a tutti nel rispetto del proprio regolamento. Il primo impulso che fa avvicinare le persone è la curiosità. Con il tempo essa si trasforma nella condivisione e nella consapevolezza che camminare insieme permette di dare ma soprattutto di ricevere. Ciò che ognuno racconta tornando dal viaggio in Tanzania è “l’incontro con qualcuno” che non potrà mai dimenticare. Ed è questo che fa del viaggio la missione.

Dopo un anno di pandemia che impatto ha avuto il coronavirus nei villaggi?

Purtroppo è stato un duro colpo per l’attività della nostra Associazione. Per ovvie ragioni non abbiamo potuto intraprendere viaggi e anche le raccolte fondi si sono bloccate. Sono comunque frequenti i contatti telefonici con i nostri referenti che ci tengono aggiornati sui progetti e la vita nei villaggi. Sappiamo che nell’ultimo anno sono incrementati i decessi ma purtroppo sono aree in cui non si fanno tamponi Covid e non ci sono ospedali dotati di terapia intensiva quindi è molto difficile affrontare la pandemia per queste persone.

 

Una cosa che vi ha colpito della Tanzania: umanamente e del paesaggio

Sicuramente ci hanno colpito i cieli stellati e gli orizzonti infiniti che lasciano letteralmente senza parole. Della popolazione locale ci ha colpito la loro generosità. La porta è sempre aperta per l’ospite che arriva inatteso. Il cibo anche se è scarso, è offerto con generosità privandosene talvolta personalmente.

Tanzania: un motivo per andare e uno per ritornare

Indubbiamente colpisce la Savana e i suoi animali, i maestosi baobab, il popolo dei Masai con le loro intricate acconciature, ma quando ritorni a casa senti che questo contatto non basta. E allora qualcosa spinge a tornare per rivedere la gente sempre sorridente, i bambini che ti abbracciano, gli anziani che ti prendono per mano come per dirti “grazie Fratello”.

Potete sostenere Neema devolvendo il vostro 5%1000 all’Associazione e indicando nel modulo della dichiarazione dei redditi il codice fiscale: 90019760512

Per conoscere i progetti di Neema e restare costantemente aggiornati consultate il sito: www.ioeneema.org

 

 

 

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Un Safari in Sudafrica per salutare il sole nascente

Un Safari in Sudafrica per salutare il sole nascente

Un Safari in Sudafrica per salutare il sole nascente

Dove: Sudafrica
Clima: Estate lunga e asciutta, Inverno freddo e piovoso (stagioni invertite rispetto all’Italia)
Mezzo di Trasporto: jeep A chi piace: agli esploratori, agli amanti della natura, agli spiriti liberi

 

Un Safari in Sudafrica per salutare il sole nascente

Alle 4 suona la sveglia. La notte è nera come la pece, l’aria è fresca e intorno a noi è tutto un fruscio. Non possiamo muoverci autonomamente ma l’idea che a pochi passi dai bungalows un elefante si stia placidamente abbeverando è già un’idea ad alto impatto emozionale. Siamo nel Parco Nazionale del Kruger, una delle più grandi riserve naturali del Sudafrica, che confina ad est con il Mozambico e lo Swaziland e a nord con lo Zimbabwe. Come scriveva V. Hugo:

“L’Alba ha una misteriosa grandezza che si compone di un residuo di sogno e di un principio di pensiero”

e affrontare l’alba seduti su una jeep sperduti nel Kruger tra terra rossa e i primi bagliori del sole nascente è proprio come sognare. E’ gennaio, qui è estate e ci siamo alzati così presto perché forse sarà possibile vedere il leone abbeverarsi o forse un leopardo dall’udito eccezionale che torna dalla caccia notturna. Un Safari nel Kruger permette un contatto estremamente ravvicinato con specie animali molto pericolose per l’uomo, ma se lasciamo che le ore scorrano placide senza fretta, finalmente ci ritroveremo sperduti in un mondo fantastico.

The Big five

Il Parco Kruger è dominato da una ricca boscaglia di Acacie e Sicomori, ma anche dalla Savana a prevalenza erbosa con alberi molto distanziati tra loro. In questo Paradiso dominato dalla Natura e dai suoi abitanti, sarà possibile con un po’ di fortuna e qualche giorno da spendere incontrare i magnifici “Big 5” ovvero: l’elefante, il leone, il leopardo, il rinoceronte e il Bufalo”, trofei tristemente ambiti quando purtroppo i Safari erano solo sinonimo di caccia grossa. Oggi nel Parco Kruger l’unico “game” ammesso è l’avvistamento dei magnifici 5 ed il fatto che siano liberi di spostarsi e che l’uomo almeno per una volta sia “la specie indesiderata” rende la ricerca ancora più emozionante. In questa “pièce teatrale” che va in scena ogni giorno grazie ai bioritmi della Natura, sarà sorprendente essere accolti da: sua altezza la giraffa che farà finta di non vedervi mentre si ciba delle foglie più alte con il suo maestoso collo, sentirete probabilmente trotterellare un branco di zebre dal manto rigato e vi struggerete incrociando il dolce sguardo dei cudù, un’antilope dalla carne dolce e saporita che purtroppo sta bene sulla tavola del leone quanto su quella delle persone.

Come “gustare” i Big 5 in tutta sicurezza

Il Parco Kruger offre infinite possibilità per tutte le tasche dal momento che qui sarà possibile fare tours di una sola giornata, anche in autonomia seguendo le strade asfaltate ma senza scendere dalla propria auto tranne che nelle aree attrezzate, pernottare in dei campeggi, bungalow con angolo cucina o lussuosissimi lodge, il tutto completamente immerso nella Natura. Sicuramente per fare un’escursione “wild” e lasciare le strade ufficiali, la cosa migliore sarà affidarsi ad un Ranger e alla sua jeep. Io ho avuto il privilegio di stare a distanza molto ravvicinata con un ghepardo che aveva appena mangiato la sua preda, un’esperienza davvero unica.
Gennaio è un mese ideale per far questa esperienza, le temperature sono calde anche se scendono un po’ nelle ore notturne.

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VARANASI: LA CITTA’ SACRA PER GIUNGERE A DIO

VARANASI: LA CITTA’ SACRA PER GIUNGERE A DIO

VARANASI: LA CITTA’ SACRA PER GIUNGERE A DIO

Dove: India-Uttar Pradesh
Clima: caldo tutto l’anno con temperature più alte nei mesi estivi
Mezzo di Trasporto: aereo, jeep e gambe
A chi piace: a chi insegue l’eternità, a chi vuole immergersi in un’altra cultura, agli altruisti, a chi cerca se stesso

E’ sera a Varanasi e il crepuscolo avvolge le dense e placide acque del fiume Gange cullando la barca di legno che presto mi condurrà ai riti religiosi della sera.
I “Ganga Aarti”, o riti religiosi indù, rifioriscono imperturbabili ogni giorno dell’anno, struggenti, evocativi fanno sentire chiunque parte di quel “tutto” che spesso manca a noi occidentali. Sono ordinatamente preparati sui Ghat, gli scaloni che portano alle acque del sacro fiume Gange e chi vi assiste ne resta estasiato.
Prepararsi a questo spettacolo non è semplice e spesso si giunge impreparati a questa meraviglia a tratti sconvolgente.
Chi vede il fiume Gange o Ganga per la prima volta ne resta affascinato: immenso, placido, denso, di notte tutt’uno con l’oscurità. Lungo più di 2000 km, nasce dai ghiacciai dell’Himalaya e sfocia nel Golfo del Bengala. Esso stesso nella religione Indù è venerato e per questa sua sacralità è ritenuto la porta di accesso preferenziale per l’aldilà.

 

Come fare “karma positivo” a Varanasi

Varanasi o Benares (come era stata ribattezzata durante la dominazione inglese), è la città sacra dell’India per eccellenza.
Si crede infatti che chi ha la “fortuna di morire” a Varanasi, essere cremato e disperso nel fiume sacro Gange, sia più vicino a Dio. Non solo: anche bagnarsi una volta nella vita nel fiume Gange, permette di purificare la propria anima, fare “karma positivo” ovvero espiare le proprie azioni negative e preparare la propria anima per il viaggio che aspetta tutti i credenti dopo la vita.
Per noi occidentali appare tutto molto strano vedere come nelle stesse acque siano effettuate le cremazioni funerarie, le persone si facciano il bagno, e l’acqua venga bevuta e venerata come una Dea, ma è proprio tutto questo a rendere il viaggio a Varanasi ancor più emozionante e ricco di significato. Non è possibile partecipare alle cerimonie religiose sulle sponde del sacro fiume, senza tenere presente la forte spiritualità che permea le sue acque e la città di Varanasi.

Namastè: saluto il Dio che è dentro te

Per gli induisti tutto è sacro: le acque dei fiumi sono sacre, le montagne sono sacre, gli esseri umani sono sacri in quanto ritenuti con i loro corpi dei templi in cui alberga la divinità. Lo stesso saluto indiano “Namastè” significa: saluto il dio che è dentro di te. E’ naturale così per gli induisti cercare di volgere il proprio karma (ovvero la somma delle proprie azioni) verso il bene e il rispetto di tutto ciò che li circonda.
Varanasi è un viaggio metaforico dentro noi stessi, qui ma in generale in India c’è tutta l’umanità, le sue miserie ma anche le sue grandezze, i suoi limiti ma anche la profondità dell’animo umano che cerca di dare un senso a ciò che incontra. Ancora oggi mi porto dentro un’ esperienza che mi ha cambiato la vita, mi ha portato a comprendere tanto dell’altro, il valore dell’accoglienza quando non si ha nulla, la bellezza di uno sguardo che regala pace.
Se oggi qualcuno mi chiedesse un consiglio prima di visitare Varanasi gli direi: entra in questo mondo con la mente libera perché poco o nulla del nostro “bagaglio da occidentali” ci aiuterà a comprendere Varanasi e le sacre acque del suo fiume.

Un ringraziamento perticolare a: Andrea, Raj Bahadur Singh Sawrad, Chiara, Martina, Mirna, Linda, “Marlon Brando” e il medico legale che mi ha salvato letteralmente vita. Senza di loro il mio viaggio in India non sarebbe stato lo stesso.

Fonti: karma brevi approfondimenti su i concetti chiave della religione induista: unione induista italiana www.induismo.it
Breve compendio per una rapida introduzione all’induismo: Vasudha Narayanan “Capire l’induismo”.

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